Correva l'anno 1986 quando tra giornate afose trascorse sui libri e crisi di ansia per gli esami di maturità imminenti pregustavo il momento della liberazione. Immaginavo la scena: io che esco dall'istituto scolastico trionfante mentre lancio in aria libri e quaderni preparandomi a vivere l'estate più bella della mia vita. Beh. le cose non andarono esattamente così perché non appena finisci gli esami di maturità devi già pensare al tuo futuro. Arrivi dunque al bivio: continuare a studiare o cercare un lavoro? Decisi di studiare cercando un lavoro. Dopo una serie infinita di colloqui poco produttivi nei settori più svariati ecco che arriva una proposta che appare di primo acchito un po' "bizzarra".
Un'amica mi racconta che nello studio del suo dentista di fiducia la "segretaria" (si riferisce a lei impropriamente perché nessuno realmente conosce bene il nostro lavoro...) stava per andare in maternità. Mi parla molto bene del suo dentista ed io, che nella mia vita ci ero andata soltanto una volta, ascolto tutto con estremo interesse non riuscendo ad immaginare minimamente cosa potessi c'entrare io con quel tipo di lavoro. Le dico tuttavia istintivamente che quel lavoro poteva interessarmi ma subito dopo ricordo di avere un problema: non sopporto la vista del sangue! Mi chiedo se questo possa rappresentare un problema ma ormai avevo deciso di provare, a costo di svenire gambe all'aria ai piedi del paziente. Ero convinta, come molti, che avrei semplicemente aperto la porta facendo accomodare i pazienti, avrei rassettato lo studio e mantenuto quella rumorosa cannuccia che usano solo i dentisti (ovviamente non avevo neppure idea di come si chiamasse:l'aspirasaliva!) ben posizionato nella bocca del paziente.
Mi recai quindi all'appuntamento presso un antico palazzone nel centro della città, e quando arrivai in studio mi accolse una donna sulla sessantina, ben curata, con un camice bianco lungo sotto il ginocchio e delle gambe gonfissime! Notai le sue gambe piene di varici ma non pensai minimamente che non fosse un caso isolato.
Non era esattamente una figura longilinea ma elegante nell'insieme. Si trattava dell'assistente di tutta una vita di attività odontoiatrica di quel dentista. Era cresciuta in quello studio, aveva 15 anni quando iniziò a lavorare, e per lei rappresentava la sua seconda casa. In seguito mi raccontò che aveva iniziato come domestica poi diventò cuoca ed infine passò ad aiutare il dottore in ambulatorio. Mi accolse con un sorriso aperto ma disse che il titolare non mi avrebbe ricevuta perché stava poco bene e mi invitò a fissare un altro appuntamento.
Tornai a distanza di circa una settimana e la storia si ripetè più volte ma io imperterrita ci riprovavo.
Ogni volta che andavo all'appuntamento mi facevano attendere in sala d'attesa ed in quei 10/15 minuti scambiavo due chiacchiere con l'assistente ormai in età di pensione. Giunsi all'ultimo appuntamento con un'amica in più e la convinzione di essere ormai giunta al momento di ringraziare, salutare e sparire quando finalmente si spalancarono le porte dello studio del titolare che decise di concedermi un colloquio. Le stanze erano enormi, non come gli appartamenti moderni, ed io mi sentii più piccola dei miei 19 anni di fronte a quella realtà lussuosa e insolita per i miei giovani occhi. Mi accoglie una figura minuta, curva e sofferente che mi scruta con due occhi azzurri sotto una canuta chioma che ricade sulla fronte. La voce rauca unita alla sigaretta fumata con avidità mi fecero capire che i suoi polmoni non godevano di ottima salute e quando vedo un supporto per fleboclisi riposto in un angolo dietro la sua scrivania faccio subito un'associazione di idee. Mi ispira simpatia, mi fa sentire a casa, mi spiega che ha bisogno di una persona che sbrighi più che altro faccende al di fuori dello studio ( posta, banca, commissioni varie) ma che abbia voglia di imparare ad assisterlo nel suo lavoro e supportare i suoi collaboratori.
Il lavoro mi serviva quindi decisi di accettare. Ero preoccupatissima perché non avevo capito molto di quello che mi aspettava ma la novità mi spinse ad impegnarmi al massimo per farmi preferire e ben presto mi fecero i complimenti dicendomi: "Sei davvero molto brava e veloce. Si vede che questo lavoro ti piace perché hai imparato molto in fretta. Puoi restare con noi".Fu così che ricevetti dopo un mese il primo stipendio, modesto, ma in fondo lavoravo poche ore, solo al mattino, e poi, in quello studio, i pazienti lasciavano molte mance. Ero sempre molto imbarazzata nel ricevere le mance ma mi fu detto che rifiutarle non era cortese ed io mi adeguai immediatamente.
Ogni mattina entravo in studio con allegria e voglia di imparare cose nuove e le mie aspettative non venivano mai deluse.
Programma prima settimana:
1° giorno: gestire l'aspirasaliva
2° appuntamenti
3° Accoglienza pazienti
4° Preparazione disinfettanti
5° Preparazione cementi
6° Si riposò. Tipico dei dentisti e di pochissime altre entità che non possiamo nominare in vano.
Ma ci fu un giorno che non dimenticherò mai e vi racconto come andò.
Avevamo in appuntamento un intervento chirurgico, uno dei tanti, non era certamente la prima volta! Normalmente assisteva la collega anziana ma quella volta il titolare volle coinvolgermi. Decise che era giunto il momento di affiancare la collega che presto sarebbe andata in pensione per poterla sostituire quanto prima. Ne fui felice! Tuttavia, dopo l'euforia iniziale, iniziai a capire che quella mia debolezza che non volli considerare inizialmente mi avrebbe creato problemi. Non appena il bisturi iniziò a penetrare nei tessuti io avvertii un brivido lungo la schiena, un ronzio forte nella testa e lo stomaco mi sembrò essere risucchiato in un buco nero. Stavo praticamente per svenire. Fui invitata a lasciare la sala operatoria e pensai che non mi avrebbero più coinvolta in simili attività.
Invece mi dissero che era normale, che non dovevo preoccuparmi perché presto mi sarei abituata riuscendo a fare quello e molto altro.
Fu veramente così e, su quel "molto altro", avrò presto da raccontare!
Un'amica mi racconta che nello studio del suo dentista di fiducia la "segretaria" (si riferisce a lei impropriamente perché nessuno realmente conosce bene il nostro lavoro...) stava per andare in maternità. Mi parla molto bene del suo dentista ed io, che nella mia vita ci ero andata soltanto una volta, ascolto tutto con estremo interesse non riuscendo ad immaginare minimamente cosa potessi c'entrare io con quel tipo di lavoro. Le dico tuttavia istintivamente che quel lavoro poteva interessarmi ma subito dopo ricordo di avere un problema: non sopporto la vista del sangue! Mi chiedo se questo possa rappresentare un problema ma ormai avevo deciso di provare, a costo di svenire gambe all'aria ai piedi del paziente. Ero convinta, come molti, che avrei semplicemente aperto la porta facendo accomodare i pazienti, avrei rassettato lo studio e mantenuto quella rumorosa cannuccia che usano solo i dentisti (ovviamente non avevo neppure idea di come si chiamasse:l'aspirasaliva!) ben posizionato nella bocca del paziente.
Mi recai quindi all'appuntamento presso un antico palazzone nel centro della città, e quando arrivai in studio mi accolse una donna sulla sessantina, ben curata, con un camice bianco lungo sotto il ginocchio e delle gambe gonfissime! Notai le sue gambe piene di varici ma non pensai minimamente che non fosse un caso isolato.
Non era esattamente una figura longilinea ma elegante nell'insieme. Si trattava dell'assistente di tutta una vita di attività odontoiatrica di quel dentista. Era cresciuta in quello studio, aveva 15 anni quando iniziò a lavorare, e per lei rappresentava la sua seconda casa. In seguito mi raccontò che aveva iniziato come domestica poi diventò cuoca ed infine passò ad aiutare il dottore in ambulatorio. Mi accolse con un sorriso aperto ma disse che il titolare non mi avrebbe ricevuta perché stava poco bene e mi invitò a fissare un altro appuntamento.
Tornai a distanza di circa una settimana e la storia si ripetè più volte ma io imperterrita ci riprovavo.
Ogni volta che andavo all'appuntamento mi facevano attendere in sala d'attesa ed in quei 10/15 minuti scambiavo due chiacchiere con l'assistente ormai in età di pensione. Giunsi all'ultimo appuntamento con un'amica in più e la convinzione di essere ormai giunta al momento di ringraziare, salutare e sparire quando finalmente si spalancarono le porte dello studio del titolare che decise di concedermi un colloquio. Le stanze erano enormi, non come gli appartamenti moderni, ed io mi sentii più piccola dei miei 19 anni di fronte a quella realtà lussuosa e insolita per i miei giovani occhi. Mi accoglie una figura minuta, curva e sofferente che mi scruta con due occhi azzurri sotto una canuta chioma che ricade sulla fronte. La voce rauca unita alla sigaretta fumata con avidità mi fecero capire che i suoi polmoni non godevano di ottima salute e quando vedo un supporto per fleboclisi riposto in un angolo dietro la sua scrivania faccio subito un'associazione di idee. Mi ispira simpatia, mi fa sentire a casa, mi spiega che ha bisogno di una persona che sbrighi più che altro faccende al di fuori dello studio ( posta, banca, commissioni varie) ma che abbia voglia di imparare ad assisterlo nel suo lavoro e supportare i suoi collaboratori.
Il lavoro mi serviva quindi decisi di accettare. Ero preoccupatissima perché non avevo capito molto di quello che mi aspettava ma la novità mi spinse ad impegnarmi al massimo per farmi preferire e ben presto mi fecero i complimenti dicendomi: "Sei davvero molto brava e veloce. Si vede che questo lavoro ti piace perché hai imparato molto in fretta. Puoi restare con noi".Fu così che ricevetti dopo un mese il primo stipendio, modesto, ma in fondo lavoravo poche ore, solo al mattino, e poi, in quello studio, i pazienti lasciavano molte mance. Ero sempre molto imbarazzata nel ricevere le mance ma mi fu detto che rifiutarle non era cortese ed io mi adeguai immediatamente.
Ogni mattina entravo in studio con allegria e voglia di imparare cose nuove e le mie aspettative non venivano mai deluse.

1° giorno: gestire l'aspirasaliva
2° appuntamenti
3° Accoglienza pazienti
4° Preparazione disinfettanti
5° Preparazione cementi
6° Si riposò. Tipico dei dentisti e di pochissime altre entità che non possiamo nominare in vano.
Ma ci fu un giorno che non dimenticherò mai e vi racconto come andò.
Avevamo in appuntamento un intervento chirurgico, uno dei tanti, non era certamente la prima volta! Normalmente assisteva la collega anziana ma quella volta il titolare volle coinvolgermi. Decise che era giunto il momento di affiancare la collega che presto sarebbe andata in pensione per poterla sostituire quanto prima. Ne fui felice! Tuttavia, dopo l'euforia iniziale, iniziai a capire che quella mia debolezza che non volli considerare inizialmente mi avrebbe creato problemi. Non appena il bisturi iniziò a penetrare nei tessuti io avvertii un brivido lungo la schiena, un ronzio forte nella testa e lo stomaco mi sembrò essere risucchiato in un buco nero. Stavo praticamente per svenire. Fui invitata a lasciare la sala operatoria e pensai che non mi avrebbero più coinvolta in simili attività.
Invece mi dissero che era normale, che non dovevo preoccuparmi perché presto mi sarei abituata riuscendo a fare quello e molto altro.
Fu veramente così e, su quel "molto altro", avrò presto da raccontare!
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