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La divisa!

Dopo l'episodio dello svenimento in fase operatoria iniziai a pensare di non essere tagliata per quel lavoro. Ero matricola all'Università di Bari con l'obiettivo di diventare, un giorno, interprete o insegnante di lingua inglese. Cosa ci facessi in uno studio dentistico non mi era chiaro per niente. Fortunatamente le commissioni all'esterno dello studio mi riportavano alla quotidianità; sì, perché quando ero lì dentro mi sembrava di essere in una favola. L'ambiente era lussuoso, ero circondata da mobili antichi e argenteria ed oltre me e la collega anziana, lì dentro lavoravano anche una governante ed un maggiordomo. Il mio titolare viveva da solo in un appartamento enorme che aveva diviso in due aree adibendo a studio odontoiatrico una buona metà. Aveva due ingressi: uno conduceva direttamente nelle sale d'attesa (erano due ed assomigliavano più a dei salotti che a delle normali sale d'attesa. Molto eleganti con dei divani in velluto verde muschio e tavolini in legno intarsiati e quadri pregiati appesi alle pareti.) che a loro volta avevano accesso alle sale operative.
La reception era naturalmente all'ingresso ma, sinceramente, della reception non ricordo granché. Probabilmente non prevedeva un arredo specifico perché, ricordo invece molto bene, che il tutto si svolgeva all'interno delle sale operative, anch'esse molto ampie.

Quello che mi piaceva moltissimo era la vista di cui si godeva dalle porte finestre delle sale operative. Esse affacciavano direttamente sulla piazza più bella di Taranto, e la vista della zampillante fontana con le maestose palme ed  intorno  una meravigliosa aiuole mi rasserenavano aiutandomi a ritrovare il giusto equilibrio in momenti critici. Bastava un'occhiata fugace mentre riordinavo la poltrona ed il buonumore si riaffacciava.
Anche quel giorno entrai in studio con un enorme punto interrogativo sulla testa: invisibile, ci mancherebbe!
Salutai la collega, poi la governante ed incrociai anche il maggiordomo che non sorrideva mai ma era pieno di premure nei miei riguardi. Ogni tanto ci ritagliavamo un momento di condivisione prendendo un caffè insieme in cucina e quello era il momento dei pettegolezzi. La cucina era piccolissima, serviva soltanto per preparare le pietanze e lavare le stoviglie, e mi piaceva molto proprio per questo: ci faceva sentire più vicini.  Mi raccontarono ad ogni appuntamento, frammenti di vita loro, del titolare e di tutti gli avventori di quello studio ed i racconti erano veramente strabilianti. Il maggiordomo non partecipava quasi mai ma quando capitava rilasciava le testimonianze più esilaranti sia per i contenuti che per il suo modo buffo di esprimersi. Il suo di accento pugliese, lo sguardo quasi inespressivo e la gestualità esagerata lo rendevano un comico
inconsapevole. Somigliava a Battiato e quando riferii questa mi impressione alla collega mi disse che in effetti era un lontano parente. Non so se sia vero ma questo mi fu detto.
Ma tornando a quella giornata che intendo descrivere vi dico che entrai in studio con la voglia di proseguire con quel lavoro ma con scarsa convinzione. Ma il destino a volte governa le cose e gli eventi, sono parzialmente fatalista, e fu quello il giorno in cui la mia attenzione nei confronti di quel lavoro cambiò.
La mia collega mi annunciò che nel weekend sarebbe arrivata la figlia del dottore, giovanissima neo laureata in odontoiatria, che ogni due settimane  visitava i piccoli pazienti dello studio. Lei si occupava di ortodonzia e conservativa e viveva a Roma. Veniva per supportare il padre ma in realtà il suo studio era a Roma.
Mi dissero che sarei stata io la sua assistente e che mi avrebbero quindi fornito una divisa. Fino a quel momento avevo indossato, alla bisogna, un camice bianco lungo, non esattamente adeguato alla mia persona. E così mi chiesero le misure ed acquistarono la MIA divisa.
Finalmente arrivò ed io potei indossarla. Era una meravigliosa divisa Pastelli (soltanto molti anni dopo capii che era la più elegante che potessero scegliere) di un bellissimo verde chirurgico chiaro.
Si modellava perfettamente su di me e l'emozione che provai guardandomi allo specchio fu grande.
Mi sentii perfettamente a mio agio in quei panni e pensai: adesso sì che sono un'assistente alla poltrona!
Arrivò il gran giorno, la figlia del dottore fece il suo ingresso in studio e quando la vidi rimasi di stucco!
Ma di questo parleremo nella prossima puntata!

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