Il primo passo lo muove per curiosità o necessità di trovare un nuovo impiego. Mentre sfoglia annunci cercando in tutt’altro settore, capita che si presenti la richiesta di aiuto di uno studio odontoiatrico in cui si cerca disperatamente e urgentemente personale da inserire nel proprio team. Pensa che, nonostante non sia quello che cercava, valga la pena provare e, soprattutto, cercare di capire di cosa si occupa un ASO. Inizia a studiare e affronta il tirocinio pensando che non è un lavoro facile ma prosegue, spinto da una sufficiente motivazione e cercando di diventare più efficiente.
Dopo circa due mesi si accorge che i ritmi sono talmente frenetici che fatica ad immagazzinare tutte le informazioni che gli giungono continuamente, e comprende che imparare ad eseguire le istruzioni e le procedure più importanti è davvero complicato. Si accorge che assistere l'operatore al riunito è difficilissimo perché bisogna sapersi adattarsi alle varie situazioni che si presentano in fase operativa e scopre che, molto spesso, anche quello che aveva imparato ad eseguire perfettamente diventa improvvisamente inadeguato e perfino motivo di rimprovero. Scopre ben presto che il suo impegno nel cercare di ricordare i nomi degli strumenti a volte è inutile perché nello studio in cui trova il suo primo impiego si preferiscono nomi convenzionali; che non sono scritti da nessuna parte, pertanto dovrà capire presto a cosa servono e dove si trovano per non sembrare un incapace.
Arriva il momento in cui pensa che non è tagliato per questo
lavoro, che non si sente gratificato, che non guadagna abbastanza da
giustificarne lo sforzo. Ma è proprio mentre sta decidendo se restare o andare che
arriva quel paziente che con un generoso sorriso, una stretta di mano, le sue
parole di stima e riconoscenza per avergli dato coraggio, per averlo aiutato a
superare un momento critico, per aver prestato attenzione al suo disagio, lo fanno
ricredere su tutto quanto pensato fino a quel momento, ponendo in risalto tutta
l’essenza del ruolo dall’ASO.
È questa la principale leva che spinge ad accettare di proseguire nel percorso e diventare un ASO sempre più competente e professionale. Ci sentiamo come infermieri in corsia ed è una bellissima sensazione sentirsi una sorta di ancora di salvezza per qualcuno, specialmente quando le mamme affidano i loro bambini chiedendo di aiutarli ad affrontare la seduta.
Non occorre una richiesta esplicita di un titolare per capire che il nostro è un ruolo delicato e che va costantemente curato, coltivato, arricchito, ma soprattutto, amato. Solo chi lo ama veramente non si abbatte mai davanti alle incomprensioni, alle discussioni e alle illazioni sulla buona volontà e capacità dell’ASO.
L’ASO di valore non si arrenda mai e continui a cercare il
posto giusto in cui donare sé stesso e tutta la professionalità che avrà saputo
realizzare. Un posto per un vero ASO esiste certamente; cercatelo!
Commenti
Posta un commento